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UN PAESAGGIO (QUASI) PERDUTO

16/4/2020

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Canali, margini dei coltivi, capezzagne sommersi da verde prativo o boschivo... risorse vitali per gli uomini,  gli altri animali e gli stessi vegetali. 
L'appello di Eracle Donà per tornare al paesaggio agroforestale. 
Link correlati: 
https://www.youtube.com/watch?v=qUO9WGXj7cA, https://www.youtube.com/watch?v=aHD3G4fXm5o,https://www.youtube.com/watch?v=Q_m_0UPOzuI.
Fino a qualche decina di anni fa, la campagna coltivata padana poteva vantare un aspetto molto più verde e "naturaliforme" di quanto non si possa osservare oggi. Canali, margini dei coltivi e capezzagne risultavano sommersi da una più o meno ampia zona verde prativa o boschiva, utilizzata dall’uomo per far legna e dalle specie animali e vegetali come riparo.
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Nel secondo dopoguerra, la maggiore richiesta di cibo a sostegno di una popolazione in vertiginosa crescita ha portato ad un nuovo modello agricolo largamente meccanizzato.
Queste strutture, vuoi perché ritenute non più utili, intralcianti le lavorazioni, o perché viste come limitanti quantitativamente il raccolto, son state diradate e sempre più frammentate; solo qualche zona improduttiva, difficilmente raggiungibile o protetta dalla legge, rimase verdeggiante. Il territorio, già piatto per sua natura, ha pian piano preso un aspetto ancor più spianato fino a divenire in alcune zone un' infinita distesa mono colturale.
Molti degli animali, che una volta potevano sostentarsi in queste realtà, rimangono vivi solo nei racconti di chi è stato testimone di quell’epoca.

Purtroppo ci si è resi conto solo recentemente dell’importanza di mantenere un ecosistema più sano e ricco possibile; la drastica semplificazione attuata ha minato la stabilità e la diversità delle forme di vita portando ad un sempre più massivo impiego di agenti esogeni per cercare di sostenere un sistema non più autosufficiente. L’ecologia insegna, infatti, come un ambiente sia più resiliente quanto più sia complesso perché confidante in un più ampio bacino di risorse adattative. La semplificazione attuata porta esattamente all’effetto contrario: rende lo scenario fragile, instabile, poco flessibile e meno adattabile.
Il ruolo ecologico di filari ed aree boschive in contesti così antropizzati è quindi ora più che mai fondamentale. Essi fungono da zone di rifugio, riproduzione, supporto per una catena trofica: veri e propri corridoi biologici e fasce ecotonali che mantengono le diverse popolazioni in contatto, assicurando indispensabile flusso genico. Sono uno dei fattori decisivi per la presenza di una relativa varietà animale e vegetale, un luogo ove il mondo naturale possa essere libero di evolvere senza disturbi antropici diretti.
I vantaggi che derivano dal mantenere un territorio più green possibile giova anche alla salute dell’uomo, in maniera diretta.
Abbiamo perduto una biodiversità funzionale, una realtà armoniosa da cui ognuno potrebbe trarre giovamento.
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L’appello è dunque quello di tornare a ricreare certi ambienti al fine di godere degli innumerevoli servizi ecosistemici offerti.
La fasce tampone vegetate rallentano il flusso d’acqua superficiale e ne favoriscono l’infiltrazione agendo come delle vere e proprie aree di fitodepurazione che migliorano la qualità e aumentano la quantità idrica stoccabile in falda depurando e nutrendo i suoli. 
Migliora inoltre la qualità dell’aria, attraverso la fissazione di CO2 e nel contempo si riduce l’inquinamento acustico e si aumenta l’albedo.
Diversi studi sembrano confermare come piantumazioni, eseguite in contesti ecologicamente più evoluti e complessi, siano meno vulnerabili ai parassiti rispetto al controllo in contesti degradati per l’assenza di antagonisti naturali. Non meno rilevanti sono i risultati che si stanno ottenendo in aziende agricole sperimentali che vedono aumentare la produttività grazie ad una rotazione colturale su suoli sottratti all’aratura, lasciati a prato erboso, perenne azotofissatore, il tutto accostato a fasce alberate. Questi ultimi aspetti sono cruciali perché comportano la diminuzione della dipendenza dai prodotti di sintesi e abbattono i costi di manutenzione. Aziende così virtuose hanno per di più la possibilità di accedere a finanziamenti dall’Unione Europea. 
Attuando un’implementazione delle aree verdi si concreta poi un vero e proprio miglioramento paesaggistico che, se sapientemente pianificato, potrà generare nuovi introiti. Si pensi ad esempio ad opere ricreative annesse, come percorsi ciclo-pedonali che interconnettono il territorio, pannelli informativi e centri visite da destinare ad un turismo ecosostenibile, in grado di sensibilizzare alle tematiche ambientali. I cittadini potranno vantare un territorio più bello, salubre, ricco, e adottare uno stile di vita più sano, con la possibilità di fare attività sportiva outdoor, di poter raggiungere i luoghi limitrofi in maniera più eco-friendly, nonché di poter godere di una ritrovata natura fuoriporta.
Una realtà rurale può quindi ampliare la propria offerta elargendo servizi diversificati alla comunità secondo un modello ecosostenibile, d’avanguardia ed economicamente proficuo che incentiverà il settore turistico e gli acquisti “kilometro 0”.

​Sembra, dunque, che ritornare ad un modello agroforestale, possa essere un punto di partenza per ripristinare e dare valore aggiunto ad un paesaggio, alleviare i suoli dal sovrasfruttamento, agire nel rispetto dell’ambiente avendone un diretto ritorno economico, salutare e sociale.
Si potrebbe ricreare un piccolo grande tesoro…per il futuro di tutti!

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